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Femminismo - Wikipedia« Il femminismo è stato il primo momento politico di critica storica alla famiglia e alla società »(Manifesto di Rivolta femminile, luglio 1. Con il termine femminismo, generalmente, si può indicare: la posizione o atteggiamento di chi sostiene la parità politica, sociale ed economica tra i sessi, ritenendo che le donne siano state e siano tuttora, in varie misure, discriminate rispetto agli uomini e ad essi subordinate; la convinzione che il sesso biologico non dovrebbe essere un fattore predeterminante che modella l'identità sociale o i diritti sociopolitici o economici della persona; il movimento politico, culturale e sociale, nato storicamente durante l'Ottocento, che ha rivendicato e rivendica pari diritti e dignità tra donne e uomini e che - in vari modi - si interessa alla comprensione delle dinamiche di oppressione di genere. Il femminismo è un movimento complesso ed eterogeneo che si è sviluppato con caratteristiche peculiari in ogni paese ed epoca. Molti fattori contribuiscono a definire e ridefinire il concetto di femminismo e le pratiche politiche ad esso connesse (ad esempio classe, etnia, sessualità). Juventus Olympiacos. Juventus-Olympiacos 2-0, i bianconeri ritrovano il miglior HiguainChampions, Juventus-Olympiacos 2-0: Higuain entra e segna, poi. Al suo interno ci sono quindi diverse posizioni e approcci teorici, tant'è che ad oggi alcune studiose, teoriche e/o militanti femministe parlano di femminismi. In particolare esistono teorie contrastanti riguardo l'origine della subordinazione delle donne ed in merito al tipo di percorso che dovrebbe essere portato avanti per liberarsene: se lottare solo per le pari opportunità tra uomini e donne, se criticare radicalmente le nozioni di "identità sessuale" e "identità di genere", oppure - ancora - se eliminare alla radice i ruoli e quindi tale subordinazione. Il termine "femminismo" esiste e viene usato in Europa da poco prima del XX secolo e le sue origini si possono rintracciare in due ambiti diversi[2]: all'interno della letteratura medica francese, in cui veniva usato per riferirsi ad un indebolimento del corpo maschile[3]nel contesto delle mobilitazioni per il diritto di voto in Francia[4]. In questo secondo ambito fu introdotto nell'uso e nel senso corrente grazie a Hubertine Auclert che lo utilizzò nella sua rivista La Citoyenne, pubblicata dal 1. Successivamente il termine apparirà prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti. Con tale nome il movimento femminista è venuto alla ribalta internazionale negli anni sessanta del Novecento, con l'intento di modificare radicalmente la divisione sessuale dei ruoli femminili e maschili quindi di rimettere in discussione, in tutti gli aspetti del vivere associato, una gerarchizzazione umana che riteneva gli individui di maggiore o minore valore sulla base dei rapporti di potere basati sul genere e sulle relative proiezioni sociali e politiche. Gli anni settanta hanno visto il termine contestato: alcune parti dei movimenti delle donne rifiutarono di definirsi femministe in relazione all'associazione del termine con l'emancipazionismo[4]. Recentemente alcune attiviste islamiche preferiscono usare il termine "movimento delle donne" (haraka al- nissa'wiyya)" rifiutando il termine "movimento femminista" (al- haraka al- nassa'wiyya).[5]. Società patriottica e della beneficenza delle amiche della verità". La Déclaration di Olympe de Gouges. Una delle prime sostenitrici dell'emancipazione femminile è Olympe de Gouges (1. Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1. Maria Antonietta, pose la società a lei contemporanea di fronte al ruolo negato nello spazio pubblico alle donne. De Gouges scontò il suo moderatismo politico filo- monarchico e girondino (fu denunciata dalle donne repubblicane di Parigi) finendo sulla ghigliottina nel 1. Accanto a lei operò in difesa dei diritti delle donne Etta Palm d'Aelders di origine olandese, figura ambigua di femminista e spia al servizio degli Orange e della Francia rivoluzionaria. In quegli stessi anni, nel 1. Mary Wollstonecraft (1. A Vindication of the Rights of Woman (Rivendicazione dei diritti della donna) che "è ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne - è ora di restituirle la dignità perduta - e di far sì che esse, in quanto parte della specie umana, operino riformando se stesse per riformare il mondo".[6]Nata in una famiglia povera, Wollstonecraft aveva studiato da autodidatta e si era resa economicamente indipendente[7]. Comprese subito la grande importanza che la Rivoluzione francese poteva assumere per lo sviluppo dell'eguaglianza sociale e civile dei cittadini, difendendola nella sua A Vindication of the Rights of Men dagli attacchi del reazionario connazionale Edmund Burke e stabilendosi, alla fine del 1. Francia. Qui convisse con lo scrittore e patriota statunitense. Gilbert Imlay, dal quale ebbe una figlia, Fanny Imlay. Lasciata dal precedente compagno, ebbe una relazione con William Godwin e morì dando alla luce la futura scrittrice Mary Shelley. A causa della sua condotta di vita, per quanto possibile libera dai pregiudizi dell'epoca, lo scrittore Horace Walpole la definì «una iena in gonnella».[8]Le rivendicazioni di Wollstonecraft potevano corrispondere ai principi della rivoluzione guidata dalla borghesia francese. Secondo Wollstonecraft solo le donne della classe media potevano elevarsi dalla condizione di subordinazione in cui erano tenute da un'educazione improntata sui falsi valori maschili, secondo i quali la donna sarebbe stata «naturalmente» inferiore all'uomo. Un'eguale educazione impartita fin dall'infanzia, senza distinzione di sesso, avrebbe invece eliminato alla radice tale problematica.[8]Le tematiche dell'emancipazione sorsero, quindi, proprio nell'Inghilterra della Gloriosa rivoluzione e del parlamentarismo, negli Stati Uniti che si erano emancipati dalla madre- patria e avevano formulato la prima dichiarazione dei diritti dell'uomo inserita nella stessa dichiarazione d'indipendenza, e nella Francia, che aveva ripreso quella dichiarazione nel momento di dar vita alla grande Rivoluzione contro l'Ancien Régime. Operaia al lavoro in fabbrica. In tutto l'arco del XIX secolo si assisté ad un sempre più intenso spostamento di grandi masse di persone dalla campagna alle periferie delle città dove sorgevano nuove fabbriche. I vecchi laboratori artigianali, su cui spesso si era fondata la sussistenza di intere famiglie, vennero in parte abbandonati perché incapaci di sostenere la concorrenza della grande manifattura, dove lavoravano, accanto agli uomini, anche le donne e i bambini. Al tradizionale mercato degli oggetti si aggiunse, quindi, il cosiddetto "mercato del lavoro", dove uomini e donne entrarono in concorrenza tra di loro, vendendo al ribasso l'unica merce che possedevano, l'energia delle loro braccia. Per molte donne il lavoro scarsamente retribuito della fabbrica si aggiunse così al consueto lavoro, non retribuito, della cura della casa e della famiglia. Le donne delle benestanti famiglie borghesi non dovettero rapportarsi con questi nuovi panorami: spesso, difatti, non avevano necessità di impegnarsi personalmente in un'attività lavorativa poiché mantenute dai mariti, la cura della casa e spesso anche dei figli, invece, era riservata alla servitù sottoposta al loro comando: di qui l'appellativo di «regine della casa». In questo contesto l'arte del ricamo non rappresentava un'iniziativa propriamente economica, bensì una sorta di arte domestica, in cui le donne potevano mettere in mostra il proprio gusto, impreziosendo al più gli arredi casalinghi. Le numerose gravidanze, spesso a rischio della vita, considerando la tecnologia medica dell'epoca, servivano a perpetuare la trasmissione del nome e dei beni di famiglia agli eredi maschi: la nascita di una femmina non avrebbe portato alla prosecuzione del nome di famiglia nella società. Per le donne appartenenti alla classe media sarebbe stato deprecabile cercare un lavoro fuori dall'ambiente familiare, perché ciò avrebbe significato esporle al contatto di estranei, degradarle al livello delle «donne del popolo» e insinuare che il padre o il marito non erano in grado di mantenerle, gettando su di essi un disonorevole discredito. Un'attività intellettuale era resa difficile, oltre che dal generale scetticismo riguardo alle loro effettive capacità, dalla loro istruzione incompleta, perché esse non avevano diritto di accesso alle scuole superiori e perciò anche all'esercizio delle professioni liberali.[9] La loro dipendenza economica dall'uomo le escludeva per legge[9] dalla gestione del patrimonio familiare e dal diritto di paritaria eredità con gli altri beneficiari maschi. Infine, come a riassumere la loro condizione di subordinazione e di ininfluenza nella vita della nazione, erano escluse dal diritto di voto e di rappresentanza parlamentare. Se dunque tutte le donne, indipendentemente dalla loro connotazione sociale, vivevano una condizione di discriminazione, l'appartenenza a classi sociali diverse produceva problemi ed esigenze differenti e perciò distinti programmi di rivendicazione. Le donne operaie, direttamente impegnate nel lavoro di fabbrica, fecero confluire la loro protesta all'interno delle rivendicazioni del movimento operaio, dal quale - quindi - non si distinsero; le donne della classe media, che invece non erano generalmente inserite nel mondo del lavoro ma del quale volevano far parte, produrranno un movimento d'opinione formato di sole donne. Nell'Ottocento nacquero pertanto due distinte correnti: il femminismo liberale, che ha nella conquista dei diritti civili il suo principale obbiettivo, e il femminismo socialista, che punta a rivendicazioni sindacali e vede nella rivoluzione e nella conseguente instaurazione di una società socialista la condizione necessaria per realizzare una reale, e non solo formale, liberazione delle donne. Nel luglio del 1. Seneca Falls, presso New York, si tenne un'assemblea di circa trecento donne, nella quale Elizabeth Cady Stanton (1.
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November 2017
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